Gold wears down
La mostra, a cura di Alessandra Carini, sarà inaugurata giovedì 7 dicembre 2017 presso il Magazzeno Art Gallery Ravenna e sarà visitabile fino al 24 febbraio 2018.
Il pane come l’oro.
Di Alessandra Carini.
“Da sempre nutre gli uomini di ogni etnia, di ogni età e di ogni religione.
È il cibo della fratellanza e della condivisione per eccellenza, ma ha anche spinto alla ribellione come nella celebre “Rivolta del pane”, raccontata dal Manzoni nei Promessi sposi o nella “Rivoluzione delle baguette” della primavera araba in Tunisia.
Pablo Neruda gli dedica un’ode; Fabrizio de Andrè accresce il concetto secondo il quale rubare il pane non è un delitto; Pasolini in una lettera a Calvino rimpiange “l’età del pane” del mondo contadino; Massimo Bottura intitola il suo ultimo libro “Pane è oro”; “Pane quotidiano” è l’opera realizzata dall’artista Liliana Moro, immagine guida della Tredicesima Giornata del Contemporaneo proprio di questo 2017.
Noto fin dal neolitico, il “Corpo di Cristo”, la base su cui si fonda la nostra ars culinaria; l’acqua, la farina, il grano, prezioso come l’oro, anch’esso usato fin dall’antichità, il metallo nobile, tenero e pesante allo stesso tempo.
Tenero e pesante allo stesso tempo. Ricchezza e povertà. Semplice ma complesso. L’opera di Lucca è fondata su questi dualismi, i quali non sono altro che le contraddizioni su cui si fondano le nostre esistenze.
Scultore ormai da tempo, Matteo Lucca si forma all’Accademia di Bologna insieme a Nicola Samorì e altri nomi importanti della scena artistica italiana. La sua ricerca appare fin dalle prime opere incentrata sul corpo e sul viso umani, passando per vari materiali come piombo, rame e tessuti e solo in ultimo approdando al pane.
I primi “Uomini di pane” sono stati esposti nel 2016 nell’altopiano di San Paolo in Alpe nel Parco delle Foreste Casentinesi, nel comune di Santa Sofia. Ed è proprio nella natura che le opere raggiungono la loro massima espressione e si liberano di quella umanità per mischiarsi alla terra e al cielo.
Inedito per Gold Wears Down è invece l’“Uomo di pane e di oro”, creato appositamente per questa mostra, emblema della stessa. E anche l’oro come la carne (e l’anima) si consuma e si sfregia, ma difficilmente si spezza.
Nell’istallazione pensata per lo spazio di Magazzeno Art Gallery, abbiamo voluto che lo spettatore avesse la possibilità di camminare in mezzo e molto vicino le sculture, in modo da poterle osservare nei più piccoli particolari per scorgere tutte le imperfezioni, le bruciature, le crepe della pasta di pane. Le statue vengono cotte in un forno che l’artista ha costruito appositamente per questo progetto, in degli stampi modellati dalle sue stesse mani, rendendo questo lavoro totalmente autentico e completo nel suo processo di costruzione. Un lavoro pensato nei più piccoli dettagli che sprigiona tutta la forza e la fragilità del corpo umano, declinando tutte le ferite e le cicatrici in un lirismo potentissimo. Il pane diventa l’elemento riconoscibile, familiare, l’unico elemento rassicurante in una situazione che può essere percepita come straniante, inquietante. Ritrovarsi in mezzo a questi uomini, fatti a somiglianza dell’artista, tutti uguali e tutti diversi, è come essere catapultati dentro ad un rito tribale con al centro il corpo umano:
“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
E come un profeta l’artista ci dà in pasto la sua carne, si mette a nudo di fronte a noi, come l’arte sempre dovrebbe fare, e ci invita a partecipare a questa vita, fatta di vuoti e di pieni, di chiari e di scuri, di pane e di oro.
Bread like gold.
By Alessandra Carini
Translated by Gabrielle Warr
It has always nurtured man of every culture, age and religion.
It is, bar none, the food of brotherhood and sharing yet it has pushed man to rebellion as with the famous “Bread Riots” in Manzoni’s The Betrothed or the “Baguette Revolution” during the Arab Spring in Tunisia.
Pablo Neruda dedicated an Ode to it; Fabrizio de Andrè elaborates the concept that stealing bread is not a crime; Pasolini, in a letter to Calvino, longs for the “age of bread” of the peasant world; even “Pane Quotidiano” (Daily Bread) by Liliana Moro is the guide image of the 2017 Thirteenth Day of Contemporary Art.
Corpus Christi, famous since the Neolithic era, is the foundation of our ars culinaria (culinary arts); water, flour, wheat, precious like gold, a metal used since the dawn of time, a noble metal, pliable yet heavy.
Pliable yet simultaneously heavy. Wealth and poverty. Simple yet complex. Lucca’s work hinges on these dualisms that are non other than the same contradictions human existence stands on.
Matteo Lucca, a now well-established sculptor, attended the Academy of Bologna with Nicola Samorì and other important names of the Italian art scene. His works have always seemed to focus on human bodies and faces, researching different materials like lead, copper, cloth and lastly bread.
In 2016, his first Bread Men were exhibited on the plateau of San Paolo in Alpe in the Foreste Casentinesi Park in Santa Sofia. It is precisely within nature that these works reach their maximum expression and are freed from their humanity thus blending into earth and sky.
Unprecedented for the exhibit Gold Wears Down, Men of Bread and Gold were specifically created for this show and represent it perfectly. The artist chose to gild the parts chewed by donkeys during a performance last summer as well as the exact point in which a mouse had dug its nest. The embellishment of the places where animals met the work of art, in the most natural way, is innovative and fraught with significance that embodies a life force. And so gold, like flesh (and the soul) can wear down or lacerate but rarely breaks.
For this installation, thought specifically for the Magazzeno Art Gallery, we wanted to give the spectator the possibility to walk around and get close to the sculptures, to be able to observe them in their most minute details; to discern each imperfection, the burns, the folds of the dough. The statues are created from the artist’s own handcrafted molds and cooked in an oven that he built specifically for this project. This hands-on approach yields pieces that are complete in terms of their construction, and totally authentic. It is a project in which each particular was researched and therefore emanates all the force and fragility of the human body and enumerates each wound and scar in a powerful lyricism. Bread becomes the recognizable and familiar element, the only reassuring element in a situation that can be perceived as alienating and unsettling. Finding oneself among these men, made to look like the artist, all the same yet all different, is like being catapulted into a tribal ritual with the human body at the center.
“I am the living bread that came down from heaven. Whoever eats this bread will live forever. This bread is my flesh, which I will give for the life of the world.”
And like a prophet, the artist feeds us his body, strips down in front of us, like art should do, and invites us to participate in this life, made of ups and downs, light and dark, bread and gold.
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